Il raggiro dell'incognito - Storia di un mistero sulle onde: Giorno sesto - Libri e Letteratura - Un giallo scritto da me

 Il raggiro dell'incognito

Storia di un mistero sulle onde

Giorno sesto

Si svegliarono presto. Verso le 6:45. Knight aveva fame, non aveva toccato cibo la sera prima per il nervosismo, ma il salone apriva solo alle 8:30. Il cielo era nuvoloso, ma non pioveva e l’oceano era sorprendentemente calmo. Bussarono alla porta dell’alloggio.

“Avanti!” Disse Knight, pensando “e chi può essere?”

Erano Danny Goodman e Walter Armstrong, i musicisti della nave.

“Buongiorno.” Disse Knight.

“Salve, è lei Mr. Graham Knight?” Chiese Goodman.

“Si sono io. Come posso aiutarvi? Siete i musicisti, no?”

“Esattamente.” Rispose Armstrong. “Deve innanzitutto sapere che noi lavoriamo da solo due su questa nave; prima suonavamo per le strade di New York… Abbiamo avuto la fortuna di incontrare il capitano Owen al porto dopo un suo viaggio e combinazione gli servivano proprio due musicisti per la Portsmouth dopo che i precedenti erano stati trasferiti altrove… Gli è piaciuta la nostra musica e ci ha presi.”

“Ma veniamo al punto.” Riprese Goodman. “Abbiamo saputo dell’arresto di Gilbert Russell di ieri e sapendo che era lei che guidava le indagini volevamo dirvi alcune cose su di lui: lo abbiamo conosciuto quando si è trasferito a New York e siamo diventati buoni amici, lo conosciamo bene: è davvero una persona buona, per quanto sia bravo nel suo lavoro dalla sua corporatura non si direbbe neanche che sia un operaio, inoltre è pure molto sensibile: non farebbe mai del male nemmeno a una mosca… Insomma, secondo noi è innocente.”

“Signori, vi dico che in realtà anch’io non avevo dubbi sulla sua innocenza. L’hanno incastrato e sto lavorando per trovare prove che lo scagionino. Ma il vostro intervento non è stato affatto inutile, anzi: la vostra testimonianza potrebbe essere cruciale. Vi ringrazio e vi farò avere notizie.”

“Siamo noi a ringraziarla.” Rispose Armstrong sorridente. “Arrivederci.”

“Arrivederci a voi… Bene Butler, molto bene!” Appena i musicisti se n’erano andati aveva già rivolto il discorso verso il suo amico. “Nuovo materiale! Ora avviamoci al salone per la colazione!”

“Con piacere!”

 

Durante la colazione Knight parlò con Lloyd e Doyle e come aveva previsto erano d’accordo con lui ed avevano dato la loro disposizione. In seguito andò dal capitano e gli chiese se avesse potuto svolgere altri controlli in quanto non era sicuro della colpevolezza di Russell. Il capitano acconsentì convinto. Per prima cosa trovò Tom e andarono nell’alloggio del facchino, seppur essendo quest’ultimo seccato, sostenendo di aver detto tutto e di avere del lavoro da fare. Knight non lo ascoltava e chiuse la porta dell’alloggio a chiave.

“Allora, Mr. Tom… Questa domanda ve l’avrei dovuta fare ieri notte, ma il Dr. Ellis mi ha interrotto. Come mai, lei che è un facchino e, possibilmente, alla fine della giornata è abbastanza stanco, si trovava pochi minuti prima di mezzanotte ancora fuori dal suo alloggio?”

Tom aspettò qualche secondo prima di rispondere, pur mantenendo la sua imperturbabilità. “Ero stato chiamato da un passeggero, tutto qui.”

“Sì ma… A quell’ora? Lei quando finisce il turno?”

“Proprio a mezzanotte. Lei parla come se si trattasse di un’ora tarda, mentre ero invece in anticipo.”

“Ah davvero? Eppure, quando il vicecapitano Palmer era ancora vivo mi ha riferito che lei finisce il turno alle undici… Cosa stava facendo li?”

L’imperturbabilità di Tom sembrava fosse venuta a mancare per un momento. Alzò la testa e scrutò Knight aggrottando le sopracciglia, in un’espressione quasi di rabbia. In un solo attimo, però, era tornato il solito Tom. “Io non ho mentito quando le ho detto che sono stato chiamato da un passeggero. Le giuro, è la verità. Mi sono trattenuto molto. Ho mentito sull’orario perché mi vergogno di quello che ho fatto in quell’ora e non volevo che nessuno lo scoprisse e che mi ero trattenuto. Ma lei sembra sapere tutto di tutti, quindi tanto vale…”

“Ecco, vedo che ha capito.”

E lì Tom e la sua fermezza crollarono all’improvviso. “Sa…” Ricominciò quasi piangendo. “Io non volevo mai fare il facchino. Lo trovo un lavoro umiliante. Ma non avevo altre possibilità. Non mi importa del carattere di Owen né di quello dei miei colleghi. Io questo lavoro non lo volevo fare. Da bambino i miei genitori erano ricchi e anche se era chiaro che preferivano mio fratello maggiore vivevo comunque bene e avevo tutto quello che volevo, l’unica nota stonata era mio fratello. Ci odiavamo. Essendo più grande lasciò la casa quattro anni prima di me. Quel periodo è stato il migliore della mia vita. Sorte vuole che però poco dopo raggiunta la maggiore età morirono entrambi in un incidente e lasciarono tutta l’eredità a mio fratello che, ovviamente, mi lasciò in miseria. Ho dovuto prendere la prima opportunità di lavoro disponibile, ovvero il facchino su questa nave. Ma non lo volevo fare…”

“Senta,” interruppe Knight “mi dispiace per lei e posso capire che ha subito una specie di trauma. Se vuole un consiglio, appena può si rivolga ad un esperto psicologo. Io purtroppo non ne so niente di questo e non ho tempo per troppi giri di parole. Mi serve sapere, con una risposta più chiara possibile: cosa stava facendo quella notte fuori dal suo alloggio a quell’ora?”

“Mi ero lasciato sedurre. È la risposta più chiara che posso dare. Mi ero trattenuto nell’alloggio della signorina Abbey Gray. Poi tornando ho trovato il corpo, Philips e per il resto non ho altro da aggiungere.”

“La ringrazio. Posso capire che non è stato facile. Le auguro buona fortuna. Arrivederci.”

“Grazie… Arrivederci.”

“Allora, novità?” Chiese Butler una volta che Knight era uscito dall’alloggio di Tom.

“Abbiamo un’altra tappa da fare. Dobbiamo assolutamente passare dalla signorina Gray. Tom si trovava fuori dal suo alloggio la notte del delitto perché era da lei. Comunque credo che si possa escludere dai sospettati. Mi ha raccontato un po’ della sua vita, mi ha fatto quasi pena… In breve, è stato viziato da piccolo e per una serie di ragioni è dovuto diventare facchino, lavoro che non gli piace e per questo è sempre rabbuiato… Non è che sia esattamente colpa sua, ma piuttosto dei suoi genitori, gli ho consigliato di andare da uno psicologo che spero lo farà ragionare…”

“In effetti…”

“Ad ogni modo, il nostro scaccomatto è quasi al completo. Muoviamoci, andiamo da Gray.”

 

Knight bussò alla porta.

“Avanti!” Rispose la signorina.

“Buon pomeriggio.” Esordi Knight entrando.

“Salve… Lei non è quell’investigatore che ha portato all’arresto di Gilbert Russell?”

“Investigatore, per prima cosa, lo sono stato. Ve l’avevo già detto.” Disse chiudendo la porta. “E poi, è stato l’ispettore Wilkinson ad arrestare Russell.”

“Insomma si, ma se non sbaglio è stato lei a trovare la maggior parte delle prove. Piuttosto, non è contento che il mistero si sia risolto? E ad ogni modo come posso aiutarla?”

“Il mistero non è risolto e lei lo sa benissimo.”

“Ma come? Non era d’accordo con l’arresto di Russell? E poi in che senso io lo so?”

“Io non sono mai stato d’accordo con quell’arresto, fin dagli inizi di questa vicenda ho sempre fatto fatica a sospettare di lui. In quella situazione non potevo obiettare però, a quel momento tutte le prove erano contro di lui. Ma aspetti, signorina. Lo so, lei vorrebbe continuare su questo discorso per evitare di parlare di altro, però non sono qui per Russell, ma per lei.”

“Che intende?!”

“Per cominciare: la notte dell’altro ieri, poco prima delle undici ha chiamato un facchino con una qualche scusa della quale non sono a conoscenza, ma non uno qualsiasi, per la precisione si è assicurata che venisse Thomas Robin James Campbell Jr., meglio conosciuto come Tom, lo ha poi trattenuto e sedotto, per poi lasciarlo andare, che coincidenza, proprio poco prima dell’uccisione del vicecapitano Palmer…”

“Investigatore o no, lei è acuto Mr. Knight, non avrei mai immaginato lei potesse arrivare fino ad un tale punto… Peccato che questo punto è troppo grande… Glielo dico, non sarà difficile nascondere il suo cadavere, gli alloggi hanno delle finestre…” Così dicendo Gray ha tirato fuori da un cassetto una rivoltella.

“Cara signorina…” Rispose Knight ridacchiando. “Lei crede di aver fatto scaccomatto, ma non ha ben considerato tutti i pezzi…”

Gray rise di gusto caricando la pistola e puntandola contro l’uomo. “Cosa crede di essere, un superumano? Lei è vecchio, Mr. Knight, lo riconosca!” E premette il grilletto.

Sveltamente, Knight arraffò un grosso cavallo di ebano alto almeno un metro che faceva da soprammobile nella stanza e lo mise tra il suo corpo ed il proiettile parando il colpo, per poi scagliarlo contro la signorina.

“Si, lo riconosco, sono vecchio, ma non poi così tanto, la lucidità ancora ce l’ho, soprattutto negli scacchi. Mi piace giocarci sa? Lei non si aspettava che il lungo raggio d’azione della regina potesse essere bloccato da un semplice cavallo spostato a fianco al re nemico… La partita è ancora aperta e il mio lato è in vantaggio, lei ha praticamente ammesso la sua colpevolezza.”

La signorina, scossa e dolorante dalla forte botta seppur cosciente, rispose: “Questo è quello che lei crede! Sicuramente, arresteranno anche me ed è vero, ho trattenuto Tom fino ad esattamente quell’ora perché ci potesse essere un testimone in più del delitto. Ma non avete comunque niente per scagionare Russell!”

Knight mise freno alla sua eccitazione. La signorina aveva ragione. Anche le prove non considerate da Wilkinson, come la vernice rovinata sul parapetto e la scialuppa nella vecchia timoneria e tantomeno la testimonianza dei musicisti non sarebbero state sufficienti allo scopo di liberare Russell. Doveva escogitare un nuovo piano.

“Nel frattempo lei aspetta qui e chiamo l’ispettore.”

Knight immobilizzò Gray, che nonostante tutto manteneva sulla sua faccia un ghigno malefico, confidente. Arrivato l’ispettore non obiettò all’arresto della signorina, seppur al contempo prendendo in giro Knight. Spiegati gli avvenimenti anche a Butler, convocarono nel salone anche il capitano Owen, Doyle e Lloyd, spiegando anche a loro i fatti accaduti. Credevano a Knight e decisero di aiutarlo a compiere l’unica cosa che avrebbe potuto scagionare Russell: cogliere in flagrante il vero colpevole. Se avesse ragione sul fatto che presto avrebbe tentato di far affondare la nave approfittando dei lavori al motore, avrebbero potuto tendergli un’imboscata. Era un rischio; se a svolgere i crimini fosse stato davvero Russell sarebbe stato tempo perso, ritardi nei lavori e nella tabella di marcia. Ma Knight, dopo aver udito le parole di Abbey Gray era convinto che l’operaio fosse innocente. Si era già fatto un’idea su chi potesse essere il colpevole, ma in presenza del capitano preferì ancora non fare nomi.

 

Quella sera, dopo cena, era tutto pronto. Lloyd si era appostato in un angolo buio della sala macchine, mentre Butler, Knight, il capitano e Doyle si erano messi invece nei quattro angoli della stiva inferiore dove stava l’ingranaggio secondario. Verso le 23:30 l’ultimo marinaio uscì dalla sala.


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Scritto e redatto da Gennaro Fregola

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